La rivincita di DPKG: Ubuntu e Red Hat in testa, segue Debian
In News il 28/11/08 @ 12:38 trackbackSono stati pubblicati i risultati del sondaggio relativo a 25.000 membri in tutto il mondo di Alfresco Opensource Barometer.
Consultatelo, sempre in modo relativo è molto interessante: ci sono sezioni relative ad applicativi usati, linguaggi, OS proprietari o non e appunto distribuzioni Linux. Dai risultati si evince che sono Red Hat e Ubuntu a spartirsi in fette uguali il 62% del mercato, con Debian terzo distributore al 14%. Fatti i dovuti calcoli, e considerando che per me Ubuntu *è* Debian, salta fuori che l’antico primato di RPM è finito: DPKG è il sistema di pacchettizzazione più diffuso tra le principali distribuzioni enterprise.
[via Fabio "thesaltydog" Marzocca1]
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— Note all'articolo:
- Aggiusta il link ad Alfresco! :) [↩]
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Commenti »
Ubuntu + Debian = 45%
Red Hat + Suse = 42%
Considerando il 14% di other (Mandriva?),
è una differenza significativa?
Non potrebbe esserci maggior equilibrio secondo me.
Quoto “Equilibrio”
Devi contare RH+SuSE
E fra il 14% di “Other” mettici una buona percentuale di Mandriva (è fra le più alte su Distrowatch, e tutte le altre qui sono menzionate).
In sostanza direi pareggio.
@Felipe
supposizione interessante ma a rischio. Se infatti non c’è dubbio che Ubuntu e debian insieme raggiungono una quota maggiore rispetto a Red Hat e SUSE che invece usano rpm, resta quel 14% di other che non ci permette di concludere un bel niente. Tra le other potrebbero esserci molte distribuzioni rpm-based come ad esempio Mandriva o l’orripilante PCLiinuxOS. Insieme, queste due distribuzioni potrebbero ottenere almeno quella percentuale minima che permetterebbe a dpkg ed rpm di rimanere sostanzialmente in parità.
Qualunque siano le cifre purtroppo dobbiamo renderci conto che punticino più, punticino meno, abbiamo due formati di pacchettizzazione standard che raccolgono ciascuno i favori della metà della comunità linux. La “vera verità” semmai, è che RPM non è interscambiabile tra distribuzioni linux di produttori diverso. Mai tentato di installare un rpm di suse in RedHat? Impossibile. Al contrario in ubuntu è possibilissimo installare un deb di debian. RPM dunque di fatto non può essere considerato uno standard, perchè non permette l’interscambio.
La comunità linux dovrebbe superare i sistemi individuali di gestione di pacchetti e uniformare il tutto, non adottando rpm o deb ma creando un nuovo standard e impegnandosi tutti ad usarlo.
Bene.
ma noi amiamo tutte le distribuzione.
e aspettiamo packagekit
ohm.
quoto volentieri Neff al #3
“La comunità linux dovrebbe superare i sistemi individuali di gestione di pacchetti e uniformare il tutto, non adottando rpm o deb ma creando un nuovo standard e impegnandosi tutti ad usarlo.”
e questa statistica, lo conferma in pieno.
@Neff
Per forza che in ubuntu è possibile installare un pacchetto di debian -.-
Non è mica un merito del gestore dei pacchetti, ma semplicemente del fatto che ubuntu è una costola di debian, mentre OpenSuSE e RedHat sono distribuzioni storicamente diverse.
Inoltre i programmi commerciali (o i programmi opensource distribuiti in maniera non legata alla distribuzione) distribuiti su rpm si installano tranquillamente su entrambe.
ubuntu is not linux!
“La comunità linux dovrebbe superare i sistemi individuali di gestione di pacchetti e uniformare il tutto, non adottando rpm o deb ma creando un nuovo standard e impegnandosi tutti ad usarlo.”
Il problema non è il gestore dei pacchetti diverso ma il fatto che le distribuzioni sono diverse!!!
Tra l’altro questo non lo vedo più come un problema nel mondo OpenSource di oggi. Almeno non per gli utenti, che ormai trovano *tutto* nei repository della propria distribuzione.
Il problema semmai può essere per chi distribuisce programmi commerciali, ma io trovo buono & giusto che anch’essi passino dai repository ufficiali della distribuzione.
Se possiamo evitare di usare il modello di Windows in Linux (scaricare i programmi dai siti e installarli) è cosa molto buona, perché è un enorme protezione di sicurezza contro gli attacchi di malware che usano “l’ingegneria sociale”.
Raga, ma avete presente come è messo un computer Windows dell’utente tipico? Avete presente su che sito finite quando cercate un programma popolare?(es: emule download su google)
@7
perche’ ce l’hai con Ubuntu? cosa c’e’ di sbagliato in tutta la sua struttura/filosofia?
viva Ubuntu, viva Red Hat, viva Debian, viva MicroSUSE©…
“La comunità linux dovrebbe superare i sistemi individuali di gestione di pacchetti e uniformare il tutto, non adottando rpm o deb ma creando un nuovo standard e impegnandosi tutti ad usarlo”
Come se fosse l’unica divisione che noi linari avessimo!!!
Se ci si scanna per un DE, figurarsi per un gestore di pacchetti.
Ma noi cmq amiamo tutte le disribuzioni: OHMMMMMMMMMMMM!!!!
Mi sembrano molto piu’ maturi i commenti di quelli di Felipe :P
A parte gli scherzi, per chi dice che e’ possibile installare un .deb di Debian su Ubuntu e non un .rpm di RedHat su Suse, vorrei ricordare che Ubuntu si basa strettamente su Debian mentre Suse non ha nulla a che spartire con RedHat. Guardando la cosa sotto un’altra prospettiva e’ probabile che lo stesso pacchetto .rpm possa essere installato su RedHat, CentOS e Fedora.
Inoltre, per Felipe, un piccolo appunto: il grosso delle installazioni di Ubuntu sono di fascia PC, non Enterprise.
Detto questo, spero al piu’ presto che tutte le distribuzioni possano convergere verso un unico standard (KLIK ?) per le applicazioni mantenendo la pacchettizzazione “proprietaria” solo per lo stretto necessario (Kernel, drivers, ecc…)
Ciao!
Cos’è sta scritta in l’inchiostro simpatico sotto le pagine correlate?
“debug: Hat Debian Ubuntu Red DPKG Sondaggi source RPM Open testa rivincita La segue Alfresco”
Per la cronaca da un po’ tempo a questa parte Red Hat, OpenSuse e Mandriva hanno ricominciato a sviluppare attivamente ed insieme RPM e tra poco uscirà RPM 4.6 (presente in Fedora 10), la prima versione nuova da molto tempo.
http://rpm.org/wiki/News
Ooohhhmm
In ogni caso il sistema di pacchetti è una cosa, il desktop è un’altra.
La divisione tra Gnome e KDE ci sarà sempre, invece quella dei pacchetti a mio avviso rappresenta uno dei punti di fusione che si potrebbe tentare.
Avere un unico sistema di pacchetti E’ POSSIBILE. Renderebbe Linux una piattaforma fruibile più facilmente. Io VOTO SI al pacchetto universale.
VOTATE SI al pacchetto universale.
Comunque non serve reinventare la ruota.
Linux Standard Base raccomanda RPM.
http://refspecs.linux-foundation.org/LSB_3.2.0/LSB-Core-generic/LSB-Core-generic/swinstall.html
Speriamo che le distro si adeguino.
Posso fare umilmente notare che si sta disquisendo su un sondaggio effettuato tra _gli utilizzatori di un particolare CMS_?
Ovvero sul nulla! :)
rpm… deb…. insomma non è che ci sia poi questa grande differenza filosofica, ma solo strettamente tecnica.
A mio avviso creare un unico sistema di pacchettizzazione è d’obbligo. Ne abbiamo bisogno per far emergere dal sommerso decine di progetti che difficilmente sono portabili da una distro all’altra. Io sono “costretto” a usare rhel/sl per lavoro e devo dire che rpm è notevolmente migliorato. yum inoltre ha introdotto un metodo molto simile ad aptitude. ma è sulle dipendenze il casino. apt riesce a gestirle meglio. a volte se chiedo di disinstallare un pacchetto a yum, mi ritrovo coinvolte decine di dipendenze che non “ch’azzeccano nulla” (per dirla alla dipietro), mentre con apt fila tutto liscio.
Packegekit, klick… etc etc… non importa. Basta che si realizzi uno stack meta-applicativo che vada a pescare dentro rpm, o apt, in base alla distro che lo sta richiedendo. Follia?
Inoltre in ambito enterprise, mi sembra che l’abitudine sia partire dai sorgenti, sia per migliorare le performance applicative, che per trasportare facilmente i binari creati su piattaforme simili (in genere si lavora in un ambiente omogeneo, no?). Quindi questa discussione è sicuramente da valutare da un punto di vista meramente “desktop-oriented”….
E questo è già un ottimo risultato. Non solo m$ non è riuscita nei suoi piani di ostruzionismo nei confronti di linux (chi di voi non ricorda i documenti *segreti* anticoncorrenza?). Non solo non riesce a conquistare il mercato senza che i suoi sistemi escano di fabbrica dai produttori. Ma noi stiamo oggi discutendo finalmente di un unico metodo di installazione e questo a causa della domanda che continua ad aumentare. E con l’aumento del bacino di utenti, anche grazie ai netbook (di cui m$ ha mooooolta paura vista la differenza prestazionale ben visibile confrontando il loro s.o. a qualsiasi linux ci montiate sopra) ecco sorgere più pressantemente il problema dell’unico canale per installare software… Che bello avere di questi problemi!
Si anche io amo OGNI distribuzione!
@Diego:
Uh, grazie per avermelo ricordato. Sono i residui del debug per il plugin “related posts”, dopo che avevo fatto alcune modifiche. Se ti stessi chiedendo, sono: tag + categorie + titolo. Mi sa che posso toglierli, tanto ormai funziona abbastanza bene :)
@tutti:
E meno male che avevo scritto di leggere i dati in modo relativo :D
Al di là di tutto, comunque, resta una molto probabile/veritiera proporzione tra DPKG e RPM, con il primo in leggero vantaggio.
@tutti-bis:
In realtà il primo impulso, in virtù del fatto che “Ubuntu *è* Debian”, era stato quello di scrivere che “Debian” possedeva il 45% del mercato, poi ho desistito ed è rimasto l’assunto un po’ zoppo limitato al solo DPKG ;)
Ah e a proposito, mi piace che conveniamo tutti su un sanissimo e felipesco: “noi amiamo tutte le alternative, ohmmm” :D
Voglio ricordare a tutti una differenza fondamentale tra deb/dpkg ed rpm: il primo non ha le dipendenze “builtin”, apt è uno strato che sta sopra e definisce le dipendenze in base al nome dei pacchetti. Al contrario un pacchetto rpm include già di suo dipendenze richiedendo l’installazione di determinati file.
Sebbene il primo funzioni meglio all’atto pratico è bene sottolineare che non è un approccio attuabile “per tutte le distribuzioni” a meno che non si definisca un gigantesco e pachidermico sistema unificato di chiamare i pacchetti che causerebbe danni ben peggiori di quelli visti per Red Hat / Suse / Mandrake.
Però correggetemi se sbaglio! ;)
@shady
noooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!
SOPRATUTTO sul desktop, i programmi vanno installati dai repositori della distribuzione e con il gestore dei pacchetti della distribuzione.
SONO INCAZZATISSIMO perchè proprio ora, GIUSTO ora, il mio coinquilino è venuto a chiedermi consiglio su Vista: sul notebook COMPRATO IERI gli crashava gestione risorse. Perché? COME FANNO TUTTI aveva installato emule scaricandolo dal sito “sbagliato”, e ignorando gli avvisi dell’antivirus “CHE TANTO COMPAIONO SEMPRE”.
Siccome Vista per me è troppo difficile (non so se avete mai visto com’è combinato il SO di un notebook out-of-the box con search bar e trashware vario) e il computer è nuovo, mi sono affrettato a suggerire il ripristino.
MAI, MAI, e poi MAI dobbiamo chiedere che su Linux siano sacrificate nuove opportunità di sicurezza per “comodità”, anche se il problema della sicurezza sta solo in effetti di “ingegneria sociale” e non in difetti intrinseci nel so.
Il sistema di gestione di pacchetti di Linux, e anche la loro diversità (che renderebbe difficile a un “malvagio” di colpire *tutte* le distro), non volendo, possono offrire una opportunità di protezione per gli utenti.
Windows c’è già, e un ottimo sistema [dico sempre così, anche se in questo momento direi altro], e se vi piace usatelo. Non chiedete che Linux gli assomigli, perché ne prenderebbe anche i difetti.
p.s. sfogo forse fuori luogo e OT, ma capitemi, l’incazzatura… ^^”
Riassumo:
ohmmmm….
Amiamo tutte le distro perché la diversità è una richezza
ampeeeerrr….
Oggi le distro principali funzionano bene per gli utenti senza necessità di sistemi di package standard
voooolt….
Spingiamo affinché gli utenti comuni installino i programmi in Linux attraverso pochi repository ufficiali o fitadi perché questo può aggiungere sicurezza in questo mondo di malware in cui il sistema più diffuso e cruciale per internet deve ancora portarsi dietro i retaggi del DOS e dell’era pre-internettizata.
@Diego
e ti correggo subito :)
deb ha le dipendenze, come rpm.
apt è un gestore di livello superiore (semplificando, conosce l’esistenza “vede i repository”), esattamente come yum, urpmi e zypper. Tanto più che per lungo tempo (prima dell’arrivo di yum) si poteva usare su redhat una versione di apt modificata per agire su rpm (il porting fu fatto da Conectiva, se non erro) e i repository per redhat erano in tale formato. Poi lo sviluppatore di apt-rpm ha iniziato a sviluppare smartpm, che dovrebbe fare la stessa cosa (unico software di gestione di “livello superiore”, appoggiandosi via via su rpm, deb, tgz a seconda della distribuzione usata).
Considerando che le uniche due distribuzioni veramente enterprise sono SLED e RHEL, non vedo proprio come dpkg possa avere qualche primato visto che sono entrambe rpm-based.
Vero, mi sbagliavo sul discorso delle dipendenze, mi confondevo con il fatto che dpkg non le risolve. Comunque, e anche qui è confermato, le dipendenze funzionano in base al nome del pacchetto:
http://www.debian.org/doc/FAQ/ch-pkg_basics
Sinceramente io non sono d’accordo sulla ipotesi di felipe riguardo la predominanza di dpkg.
Se si vuole restringere l’analisi al mondo desktop (e lo dico da utente kubuntu) forse è plausibile che le proporzioni siano di questo tipo (comprendendo others nell’analisi), ma se andiamo ad analizzare il mondo server (linux based ovviamente) credo che le proporzioni cambino radicalmente.
Ora fioccheranno le persone che faranno notare le eccezioni, ma io voglio indicare casi specifici voglio solo segnalare come tale grafico sia comunque un valore condizionato (inteso in senso stocastico) e quindi poco affidabile dato che la stragrande maggioranza delle macchine linux sono server e non desktop.
Poi comunque mi piacerebbe un pakage manager uguale per tutte le distro che permettesse di fare un singolo pack installabile su qualsiasi distro. L’usabilità ne guadagnerebbe.
@Diego
che però non è il nome del file (giusto per essere chiari).
@Kirys
No, l’usabilità non ne guadagnerebbe. I programmi su Linux si installano dal gestore dei pacchetti della propria distro. Cosa cambierebbe per l’utente?
[vedi miei post precedenti sul perché batto tanto su questo punto]
La standardizzazione dei pacchetti è una cosa che semmai riguarda chi produce e deve distribuire il software, non gli utenti. Ma credo che le grandi distro stiano venendo incontro anche a chi produce coi nuovi servizi come il build service di OpenSuSE
L’importante secondo me non e’ tanto che ci siano binari disponibili a seconda delle distribuzioni, ma che i sorgenti vengano distribuiti (anche i binari auto-installanti funzionano bene).
Gli sviluppatori delle distro, a loro volta, dovrebbero essere coloro che pacchettizzano il software per la loro distro.
Insomma, l’importante e’ avere la versione per Linux dei software, il resto e’ solo di secondaria importanza, secondo me.
D’altro canto le distro non credo vengano scelte solo in base al gestore di pacchetti, soprattutto in ambito commerciale…
Ah cacchio se ci fossero i miei amici maniaci di Gentoo godrei non poco :D
Ma Fedora non c’è? O la dobbiamo considerare inglobata in Red Hat? O per Red Hat intendevano Fedora?
@Mercurio
E’ certo che il package system unico faciliterebbe moltissimo anche chi il software lo produce, soprattutto compagnie che producono software commerciale; la difficilità di pacchettizzare software per tutte le distro è sicuramente uno degli ostacoli alla produzione di software commerciale per linux.
Ci sono soluzioni alternative per l’utente privato, ma queste poco si addicono in ambito professionale dove sarebbe comodo avere un “repository aziendale”, dove inserire i prodotti acquistati, e al quale fosse possibile attingere da qualsiasi distribuzione installata (ad esempio quella ufficiale dell’azienda e quella privata del computer casalingo del dipendente).
Dal punto di vista dell’utente privato cambia poco per tutto ciò che è nei repository ufficiali della distro in uso, ma una delle lamentele che mi sento ripetere da “evangelizzatore” è proprio la difficoltà nell’installare ciò che non è previsto dalla propria distribuzione (o che magari previsto in una versione abbastanza vecchia da non avere certe features), ciò riguarda prodotti aperti, proprietari e commerciali.
Non necessariamente un utente deve sapere quale package system supporta la propria distro, poi ci sono i casi in cui un pacchetto è rilasciato solo per alcune distribuzioni semplicemente per motivi di packaging.
Insomma una piccola eccezione può produrre un serio problema all’usabilità da parte dell’utente.
@shady
Non ho mica capito il discorso che con yum si installano un casino di dipendenze che non c’entrano una mazza, mentre con apt no. A parte il fatto che io uso PCLinuxOS (pacchetti rpm) e uso apt, ma, perlomeno con gli rpm, non è il software (yum, apt, pincopallo) che decide quali dipendenze installare, le dipendenze sono definite all’interno del pacchetto da chi lo ha creato.
Come qualcuno ha fatto notare, inoltre, un rpm può andare su PCLOS e non su Suse, nonostante entrambi siano creati seguendo le stesse specifiche. Questo già fa capire che il problema dell’interoperabilità non si risolve adottando lo stesso formato di pacchetto, dovrebbe essere seppellito il concetto stesso di distribuzione.
IMHO…si sta discutendo sul nulla.
Sondaggio dalle fonti poco attendibili o meglio, un sondaggio fatto molto alla buona.
Non esiste una supremazia tra gestori di pacchetto per il semplice fatto che il 90% degli utenti ‘normali’ non sceglie la sua distribuzione preferita in base al gestore dei pacchetti ma in base alla facilità d’uso e\o gusti personali.
Molte distro minori nascono e muoiono come i funghi, quindi!!!
Circa quale gestore è meglio o peggio: dipende dai punti di vista e dalla ‘filosofia’ adottata…ognuno ha i suoi pro e contro in base da che parte li si osserva…poi alla fin fine fanno tutti la stessa identica cosa.
Dopo Gnome vs KDE ci voleva un bel deb vs rpm. :D
gp
@31. Gianvacca:
ma se un eseguibile è compilato seguendo strettamente le linee guide LSB non dovrebbe poter essere eseguibile su qualunque distro conforme a LSB, indipendentemente dal tipo di pacchetto deb o rpm?
Domanda: per deb esiste alien che converte da rpm, esiste l’inverso anche per rpm?
Povera Mandriva… mi sa che la percentuale occupata da PCLinuxOS è maggiore.
@Kyris
Visti i tempi che corrono, preferisco che gli sviluppatori si sbattano un pò di più per i pacchetti diversi e accordi con gli OSV, ma che non si apra la porta al malware.
Per l’utente, non deve esistere “installare software che non c’è per la propria distribuzione”. Per l’utente il software che non c’è per la propria distribuzione, non c’è e basta.
[i power user spippolatori possono imparare a compilare. La loro categoria è un discorso a parte. Ed è una categoria solitamente in grado di evitare il malware]
L’altro giorno ragionavo proprio sul vincolare l’utente a sistemi di pacchettizzazione fidati ovvero esclusivamente del creatore della distribuzione in uso : il fatto che tutto ciò sia molto più trusted (TCPA) di quello che vuole fare Microsoft.
No a parte gli scherzi, uno dei sistemi migliori per fare in modo che chi usa Linux possa stare tranquillo di non prendere virus e porcherie simili è proprio il suo sistema di installazione del software. Non pensiamo che sia impossibile fare virus per il nostro amato pinguino!
Infatti è proprio grazie a questo sistema che gli unici interventi a livello di operatività della macchina vengono strettamente supervisionati dal un gestore pacchetti. Io odio molto il fatto che a volte alcuni softwares di terze parti debbano essere installati in autonomia… mi riporta ai tempi di Windows quando dovevi usare regcleaner/ccleaner per avere una parvenza di sistema pulito.
La pacchettizzazione è eccezionale, ma a molti produttori di software ormai traviati dalla metodologia windows non credono si possa fare altrimenti, quasi anno paura che tutto cio porti a depersonalizzare il loro prodotto. In effetti se confrontiamo un desktop windows con uno linux ci rendiamo conto che nel primo le applicazioni sgomitano per farsi notare dall’utente con tanto di splash screens e vistose tray-icons e nel secondo sono tutte racchiuse in categorie e portate allo stesso livello di importanza. Purtroppo è cosi i desktop windows sono un gran casino proprio perchè le applicazioni occupano ulteriori risorse per rimarcare bene la loro presenza.
Piuttosto, in questo tempo che abbiamo prima che esploda la diffusione di Linux nel mondo, cerchiamo di studiare sistemi efficaci per evitare che azioni malevoli possano indurre i futuri utonti Linux ad aggiungere repositori non fiddati. Non solo puramente software come firme digitali, ma anche psicologici, tipo deterrenti visivi, liste di repository fidati presso il sito del proprio vendor di distribuzione ecc…
@Mercurio e Gabriele
Non ho mai negato che il sistema di pachettizzazione delle varie distribuzioni linux sia eccezionale sicura e comodissima (beh sul sicura non sono proprio certo molte persone aggiungono repository non ufficiali, chi assicura che non ne nascano di “maliziosi”?).
Ma ci sono cose che non potranno mai essere nei repositories, esempio software commerciale!
E finché sarà tanto difficile fare un software che funziona su tutte le distribuzioni linux non ci saranno prodotti commerciali per linux.
Non tutti i software hanno una alternativa free valida (con valida intendo all’altezza e compatibile), ciò vale sia per prodotti comuni (Dragon NaturallySpeaking, programmi di videoediting) che per prodotti commerciali avanzati, si a volte ci sono tool di qualità hobbistica ma non riescono ad essere alla pari dei tool professionali e wine non si può considerare una soluzione adoperabile in un azienda (anche perchè non garantisce la stabilità con tutti i software).
L’ambito industriale, in particolare, è un terreno dove linux potrebbe facilmente dominare, spessissimo ci sono computer che vengono usati con un singolo software, e avere windows o linux non farebbe alcuna differenza dato che l’unica interfaccia che verrebbe usata è quella del software stesso (infatti ci sono tool adoperati in questo modo che esistono da tempo per linux come labview).
Bisogna trovare una via di mezzo che permetta di avere sicurezza ma anche flessibilità (ad esempio le firme digitali).
@Mercurio
Si scrive Kirys ^_^
premettendo che amo tutte le distro, ma che non mi fido di Novell/Microsoft/Suse e dei suoi applicativi basati su MONO p e r i c o l o s i s s i m i per l’opensource, farei un breve ragionamento che si presta a critiche – purchè costruttive..
Effettivamente c’è un sacco di equilibrio fra sistemi RPM e DEB, nonostante le differenze per influenza (RPM) e intelligenza (DEB). Ma mi pare che si voglia rendere popolare un formato (RPM) che non lo è tanto fra gli utenti finali, quanto fra le aziende produttrici. Dall’altra parte sta la semplicità e la velocità dei DEB. Nonostante Linux Standard Base raccomandi RPM, favoreggiando gli uni – escludendo gli altri, speriamo si converga ad un RPB/DEB FUSION (parola molto pop ultimamente) costruito sulle migliori peculiarità di una tecnologia e dell’altra, soprattutto per risparmiare un sacco di lavoro ai developers e per semplificare la vita agli users.
ecco, sulla scia dell’interessante progetto Packagekit, anzi di Freedesktop in toto (per quanto un Synaptic sia al momento imbattibile).. interessantissima sarà anche la tecnologia PRESTO di Fedora, per scaricare solo il codice modificato e non il pacchetto intero, come in Conary (che è però di una lentezza esasperante, indicibile)
@38
Aggiungo che anche zypper supporta già da un po’ i deltarpm,
che ti sembrano interessantissimi.